
Hugh Turvey è l’X-Ray Artist per eccellenza. La sua produzione artistica converge esclusivamente nella radiografia, riuscendo a coniugare questa tecnica di imaging con la complessità estetica della fotografia. La sua maestria nel saper gestire sapientemente le luci sulla pellicola lo hanno portato a creare una sua personale tecnica per realizzare i raggi X, tanto da lasciare di stucco radiografi che lavorano nel settore da anni. Il virtuosismo di Turvey non finisce mai di stupire ed affascinare.

L’incontro fortuito
Turvey è un fotografo britannico con una vera passione per i raggi X, a cui si è approcciato per caso. Era il 1996-1997 e in quel periodo era concentrato a diventare un fotografo “rock-and-roll” e a lavorare per il fotografo musicale Gered Mankowitz, dunque si occupava di creare copertine per album musicali. Dopo che un suo amico designer gli ha chiesto un’immagine di un osso rotto per una copertina, si è recato in ospedale per recuperare delle radiografie. In quel momento è stato amore a prima vista:
“È stato favoloso perché c’erano solo le immagini più incredibili e tutto quello che vedevo era solo estetico – è l’amore per quella dimensione e l’impatto della pellicola ad avermi conquistato completamente.”
Hugh Turvey

Donne fatali ed elefanti
Da allora la sua produzione conta prevalentemente radiografie di oggetti, animali e umani. Ha un taglio particolare rispetto ad altri artisti. Uno stile a metà tra il pubblicitario e lo scientifico: le sue immagini sono un po’ “cathcy”, come quelle di David Arky, ma anche pragmatiche, come quelle di Ted Kinsman. Ne risultato radiografie ben calibrate, esteticamente incantevoli e molto godibili. Per questo, Turvey è l’X-Ray Artist per eccellenza.

Una delle sue immagini preferite corrisponde con una delle prime realizzate da Turvey, ovvero quella dove viene ritratto il piede di sua moglie Artemi mentre indossa degli Stiletto. Si tratta di una radiografia colorata a mano della tibia, fibula, ossa del tarso, metatarso e falangi, intitolata “Femme Fatale“. Trasparente, autoesplicativa, è diventata inavvertitamente un’immagine iconica.

Probabilmente l’immagine più difficile da realizzare è stata quella di un teschio di elefante per la rivista National Geographic. Turvey si è messo in contatto con un’azienda che lavora per garantire il benessere di animali selvatici abbandonati, confiscati o resi. Questi, non solo avevano un teschio e una mandibola di elefante, ma anche le zanne, una collezione di oggetti in avorio e pelle e un tavolo con zampe. Il tutto per un valore assicurativo totale di quasi $ 150.000. Per sollevare il cranio sono state necessarie tre persone, mentre per la mandibola due. Inoltre, un normale macchinario radiografico è tarato con precisione sul corpo umano, ed è dunque inutile in una situazione del genere. L’artista è infine ricorso alla radiografia industriale, che viene normalmente utilizzata per le strutture di ingegneria dei raggi X, come i ponti. Certamente il risultato ne è valso la pena.

Un virtuoso della radiografia
Turvey stupisce anche i radiografi, alcuni dei quali lavorano nel loro campo da decenni. Questo perché molti di loro non vedono il valore estetico in quel che fanno, nonostante creino immagini per vivere. Per loro i raggi X sono solo uno strumento di lavoro. Per Turvey, invece, arte e scienza sono indissolubilmente legati.

La sua bravura lo ha portato a creare una tecnica personale per realizzare le radiografie: gli “Xograms” (italianizzato, Xogrammi). Le sue radiografie vengono realizzate con grandi fogli di pellicola in bianco e nero sensibili ai raggi X. Per sviluppare gli “Xogrammi”, Turvey usa una serie di tecniche tra cui la sovraesposizione, l’esposizione multipla, l’elaborazione chimica, il filtraggio, la meccanica, la fisica e la fotografia. Il risultato è sorprendente.

Il successo lo ha portato ad essere insignito del Royal Photographic Society Honorary Fellowship nel 2014, a diventare artista permanente presso il British Institute of Radiology dal 2009 e a diventare membro della Royal Society of Arts nel 2016. I suoi lavori si trovano su riviste quali National Geographic, Smithsonian Magazine, The Science Imaging Journal, The Royal Photographic Society e molte altre.
FONTI:
Sito ufficiale dell’artista
www.nationalgeographic.com
www.theguardian.com
www.fotografaremag.it
dita.com
www.bir.org.uk