
Essendo tra gli artisti più anziani trattati in questo blog, mi sbilancio nell’assegnare a Stane Jagodič il primato di fondatore, o comunque, predecessore della “X-Ray Art”. In effetti è stato proprio lui a coniare questo termine e ad utilizzarlo per definire la sua serie di lavori formati da collage di radiografie e materiali vari. Jagodič utilizza questo nuovo medium per sperimentare con la luce e la forma della pellicola. Comincia inoltre a veicolare i particolari significati simbolici che una radiografia può nascondere.

Classe 1943, Jagodic è tutt’ora attivo in vari campi, media e contesti di arte visiva, e lo era già dalla metà degli anni ’60. Dopo essersi diplomato all’Accademia di Belle Arti di Lubiana nel 1970, divenne presto uno degli artisti più importanti in Jugoslavia. Nel suo sempre crescente e continuo lavoro ha adottato diversi concetti di produzione artistica, usando vari media artistici, come fotografia, pittura, grafica, cartoni animati, performance, assemblaggi e oggetti d’arte (installazioni).
Le prime opere con i raggi x
Dal 1967 comincia ad utilizzare regolarmente la fotografia e alcuni dei suoi derivati creativi, come il fotomontaggio e il collage fotografico. Questi divengono il suo medium di riconoscimento ed egli comincia a far scuola in questo campo. È proprio nei primi anni ’70 che sperimenta i primi collage realizzati con radiogrammi, nella quale i materiali di scarto del mondo moderno vengono inseriti nell’immagine integrata dei suoi progetti, adottando nuovi valori e significati simbolici.

La prima serie vide la luce nel 1972, quando l’artista stava esplorando le leggi e le possibilità di questo mezzo scientifico. Jagodič prende ad ispirazione i due artisti per eccellenza dell’arte ready-made: Marcel Duchamp e Man Ray. Anch’egli crea un’assemblaggio di oggetti già pronti che riunisce in un nuovo insieme, dandogli quindi un nuovo significato. La maggior parte delle opere di questo periodo sembra ispirato alla religione e alla morte, vista la compresenza di radiografie mediche e santini.

Lo sviluppo degli anni ’90
Per quasi un ventennio queste idee vengono abbandonate per poi essere riprese in un secondo ciclo di opere a metà degli anni ’90. Le stesse idee, ma in una forma più matura, tornano in superficie e si materializzano in una serie a tutto tondo. Stavolta sembra riflettere sull’erotismo, connotato dalla presenza di fotografie di nudo femminile d’epoca, spesso accostate a radiografie di mani o volti che sembrano voler toccare/guardare la bellezza sensuale di queste figure. Un po’ una prefigurazione molto più edulcorata del lavoro che Wim Delvoye proporrà qualche anno dopo.

1996. montaggio

1996, montaggio
Non sono però gli unici soggetti di questo ciclo di collage. L’artista ripropone nuovamente delle immagini sacre, ma non solo. Guardando ancor più al ready-made e, forse, muovendo una critica al consumismo, Jagodic accosta ai radiogrammi, lattine schiacciate, cd-rom e vari altri oggetti che appaiono come appena presi dalla spazzatura. Alcuni di questi lavori risultano addirittura inquietanti.


Le opere degli anni 2000 hanno più un sapore scientifico e vedono la presenza di collage fotografici con soggetto degli animali. Sembrano quasi delle cartelle di anamnesi provenienti da una clinica veterinaria.

Jagodič ha quindi spianato la strada agli artisti dopo di lui, vedendo nelle radiografie un potenziale artistico non indifferente, celato sotto la freddezza dello strumento scientifico. Fino ad allora infatti le radiografie erano di sola competenza medica. Erano sì immagini ma erano immagini inquietanti, che significavano solamente malattia, sofferenza, ansia. Da questo momento, con l’opera di Jagodič, i raggi x cominciano ad assumere altri significati, nuove modalità di utilizzo. Vengono decontestualizzati per rinascere in una forma artistica, vasta nella sua possibilità di applicazione e modalità di espressione.
FONTI:
Sito ufficiale dell’artista
photon.si
www.kooness.com
mgml.si